Il Consiglio d’Europa, nell’ambito delle direttive emanate dalla Carta di Lisbona del 2000, ha riconosciuto il ruolo essenziale della conoscenza ed ha sottolineato la necessità di sviluppare interazioni positive e costanti tra istruzione, formazione, lavoro , allo scopo di favorire i processi di crescita culturale e professionale dei cittadini europei e di elevare il grado di coesione sociale.
In particolare, le politiche scolastiche sono chiamate a valorizzare l’importanza del rapporto tra cultura e professionalità, riconoscendo che il “sapere”, il “saper fare” ed il “saper essere” sono dimensioni determinanti per la crescita umana e civile del cittadino, per la sua libertà di pensiero e per la sua autodeterminazione.
La scuola italiana, grazie all’autonomia didattica ed organizzativa (D.P.R. n° 275 del 1999 ) ed all’obbligo di attività formative fino al diciottesimo anno di età (Legge N° 144 del 1999), e di successive disposizioni, ha intrapreso, da anni, la strada del raccordo col mondo del lavoro, attraverso l’organizzazione congiunta di stage, tirocini formativi ed alternanza scuola-lavoro presso aziende, uffici pubblici, studi professionali ecc., sia nel corso dell’anno scolastico, che nei periodi di sospensione delle lezioni, allo scopo di far acquisire agli studenti degli ultimi anni di corso della secondaria superiore, la cultura del lavoro e le competenze professionali di base , ma soprattutto lo spirito di partecipazione e la dimensione di cittadinanza, nazionale ed europea.
Con la recente Legge 107 del 2015, il governo ha stabilito che gli studenti dei trienni degli istituti tecnici e professionali debbano svolgere complessivamente 400 ore di alternanza scuola-lavoro (oppure stage e tirocini) , mentre quelli dei licei debbano svolgerne 200, in base ad accordi diretti tra i dirigenti scolastici ,le aziende e gli enti pubblici; prima dei periodi di alternanza (concentrati soprattutto nella pausa estiva), gli studenti seguiranno corsi di formazione sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, saranno orientati verso un settore professionale in base alle loro potenzialità-competenze ed in base ai loro interessi, mentre, durante l’esperienza lavorativa saranno seguiti da docenti-tutor e dal tutor aziendale.
Il nodo debole sta proprio negli accordi tra il singolo dirigente scolastico, le aziende , gli uffici pubblici.., disponibili ad accogliere gli studenti, secondo un elenco predisposto dalla Camera di Commercio, un sistema complesso che genera frammentazione e confusione (si pensi agli accordi sugli orari,alle polizze assicurative,a i tutor,alla valutazione dell’esperienza lavorativa..), lasciato alla libera iniziativa, alla “buona volontà” dei singoli, senza precise regole.
Molto meglio sarebbe un Accordo Quadro Provinciale sottoscritto tra l’Ufficio Scolastico, le scuole secondarie superiori, la Camera di commercio, le Associazioni di categoria, la Confindustria, la Provincia (ciò che resta!) per definire le azioni di ciascun soggetto, per delineare le procedure burocratiche ed amministrative, per organizzare congiuntamente i corsi di formazione per studenti,tutor scolastici e tutor aziendali, per delineare un quadro ampio e concreto delle aziende disponibili, ma soprattutto per dare all’intesa un sostegno istituzionale forte e sicuro.
Il “connubio” Scuola-Lavoro potrebbe così essere la chiave di volta per affrontare seriamente il problema della disoccupazione giovanile e per risanare la nostra economia, che, per crescere, ha bisogno proprio di forze giovani e preparate!
Coordinamento Scuola e cultura del PRI di Forlì
Roma, 7 novembre 2016